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Il vino cannabico di Pompei

Il vino cannabico di Pompei
15 Maggio 2021 Copy

“Chi ama goda di buona salute; muoia chi non sa amare; muoia due volte chi impedisce d’amare” – Iscrizione su di una parete, scavi di Pompei

  Nel mondo antico, il vino era più di una bevanda o di un simbolo. Diversi popoli antichi svilupparono la peculiare abitudine di utilizzare vini miscelati ad altri vegetali. Sono diversi i libri che trattano dell’argomento, e di come anche la cannabis venisse infusa nel vino nel corso di diverse civiltà e periodi storici. I Greci ad esempio utilizzavano il vino per poter estrarre dalla cannabis le sue proprietà antinfiammatorie. I Medioevali conoscevano sicuramente la canapa, ma ad alcuni era noto anche l’utilizzo della resina inebriante della cannabis sativa. Studi testuali rivelano anche che forse l’uso medicinale era effettivamente ancora più diffuso, rispetto alla coltivazione e concia delle fibre tessili di canapa.

Dite che in questi periodi storici avrebbero apprezzato un hash con questo aspetto? Scopriamolo insieme qui.

  Brian Muraresku, nel suo libro The Immortality Key, approfondisce notevolmente l’argomento. Fa riferimento a diverse evidenze archeologiche ed approfondimenti testuali. I medici del mondo antico, specialmente da Galeno in poi, avevano sviluppato l’abitudine di raccogliere le esperienze scritte dai loro predecessori. In particolare indica una infusione di parecchie piante diverse: oppio, cannabis, giusquiamo, insieme ad altri elementi più “strani”, come ossa di lucertola e di serpente. Sorge dunque la domanda: era la cannabis parte di qualche sorta di “pozione magica“?

Cannabis, una pianta magica

  Per specificare meglio che cosa intendiamo per “pozione magica” o “pianta magica”, dobbiamo fare dei passi indietro e spostarci in Grecia. Nel mondo antico non esisteva una distinzione troppo netta tra l’uso “medicinale” e l’uso “magico” di una pianta. La parola pharmakon poteva indicare un rimedio, così come un veleno o una ricetta culinaria!

Pharmakon è in senso letterale un prodotto medicinale ma, dato che l’antica medicina era correlata alla magia, poteva anche essere il lavoro di un mago, un tipo di potenziamento…. [Pharmakon] È il filtro di Medea, con cui ha ucciso i suoi figli … è anche il veleno che re Mitriade bevve ogni giorno, si diceva, per sviluppare resistenza contro il veleno … sono le misture di erbe di Ippocrate per curare malattie … ma anche le erbe che qualche stregone dava ai suoi pazienti…. Nell’antico mondo Greco, il senso positivo di pharmakon era associato persino alle scienze erboristiche ed alla cucina” (Luigi Arata, 2004)

E negli impieghi odierni della cannabis light, una delle forme di somministrazioni preferite allo scopo terapeutico è quella alimentare. Scopri qui che altri metodi ci sono!

  Riguardo la cannabis, ed anche il nome stesso kannabis, Erodoto è stato il primo a descrivere con questo nome la pianta divinatoria e cerimoniale usata dagli Sciti per le loro fumigazioni sacre. È chiarissimo, leggendo le descrizioni della cannabis degli antichi Greci, che ne conoscessero le proprietà, ma non conoscevano bene la pianta in sé. Questo perché in Grecia non la coltivavano, piuttosto la conoscevano tramite l’Egitto e tramite gli Sciti e Traci. Esistono anche parallelismi molto interessanti tra un mito Scita legato all’altra modalità di assunzione rituale, l’infusione nel vino, e i miti Graalici, argomento approfondito magistralmente dall’attivista e ricercatore della cannabis Chris Bennett.

Tutt’avanti all’indietro

  Sembra anche che al tempo di Erodoto, la cannabis e diversi suoi utilizzi fossero ben noti nella Tracia, da dove i miti narrano nacque il dio Dioniso. Una divinità associata all’ebbrezza del vino, tuttavia questa è per lo più una visione assolutamente superficiale, era ben noto che nei misteri Dionisiaci ed Orfici il vino era miscelato ad altre potenti sostanze. Nonostante sia ben noto, i Greci hanno sempre mantenuto un certo silenzio su quali e quante piante venivano infuse nel vino in questi misteri. Leggiamo da Omero che Elena usò il nepenthe per lenire ricordi dolorosi della guerra di Troia presso la corte di Menelao.

  Per quanto riguarda il nepenthe in sé, non esiste alcuna evidenza che questa fosse una miscela vera e propria di erbe. Tuttavia mostra come i Greci conoscevano perfettamente le infusioni alcooliche di piante dalle proprietà “magiche”. Inoltre, Elena aveva imparato l’arte delle erbe e della magia nel suo soggiorno in Egitto… e l’antico Egitto era pieno di pharmaka! Dalla Lactuca serriola, consacrata al dio Min, alla cannabis sino alle solanacee, l’Egitto era considerato non solo come una antica terra di misteri insondabili, ma un vero e proprio dispensario di conoscenze erboristiche, mediche e dunque magiche. 

“Gli Egiziani antichi intrattennero un rapporto complesso e diversificato con almeno una dozzina di droghe psicoattive … vegetali: mandragora, ninfea azzurra, papavero da oppio, giusquiamo, cannabis, ruta siriaca, birre di dattero … vini di palma e d’uva, e la lattuga selvatica” – Giorgio Samorini, 2012.

Sembra che Seshat rappresentasse come le donne usassero la cannabis per il proprio benessere. Scopri qui quali altre donne celebri appaiono nella entusiasmante storia della cannabis.

Più vicino a casa

  Sarebbe tuttavia un errore madornale pensare che nel resto del Mediterraneo, Italia e Grecia incluse, non vi fosse affatto conoscenza di piante dalle proprietà particolari. In Daunia si celebravano misteri correlati ai riti Orfici, si venerava inoltre una divinità in seguito riconosciuta come Afrodite. E sempre in Daunia, famosa nel suo tempo per la pregiatissima arte della lavorazione dell’argilla, appaiono stele e vasellame che portano disegnate antichissime figure sciamaniche, molto spesso adornate da papaveri da oppio. Eh si, la tradizione Pugliese della papagna è forse un tantino più antica di quanto si creda!

Ma torniamo alla cannabis, e a Pompei.

Live at Pompeii

  Pompeii era una città estremamente vivace e fiorente, come è possibile riscontrare dalle tantissime scritte lasciate sui muri dagli abitanti. In Italia, il ritrovamento pompeiano che nella sua ricetta include la cannabis è stato associato alla Teriaca. Si trattava di un potente preparato medicinale usato per diversi scopi. Andromaco, medico di Nerone, modificò ad esempio la ricetta per renderlo un antidoto al veleno di vipera. Probabile anche che fosse esattamente quel tipo di rimedio, considerando che conteneva ossa e tracce di serpente. 

  Il luogo del ritrovamento archeologico, perfettamente preservato dalla pomice lavica, era una casa, una domus romana particolare. Qui era presente un torchio da vino, un pavimento scanalato per le colature dal torchio e diverse tracce di molte piante infuse.

Le caratteristiche tinozze per la macerazione di piante psicoattive nei vini, Villa Vesuvio, Pompei.

  La composizione degli strumenti e delle tracce organiche “suggerisce che una combinazione di piante, rettili ed anfibi veniva macerata nel vino ” (Muraresku, 2020). Muraresku chiarisce anche che “ciò che spingeva davvero era il miscuglio ben distinto di oppio (Papaver somniferum), cannabis (Cannabis sativa) e … solanacee, come il giusquiamo bianco (Hysoscyamus albus) e la morella comune (Solanum nigrum)” (Muraresku, 2020).

Una boutique di vini e piante magiche

Dire che si trattava di una composizione stregonesca è quasi un eufemismo! Se non altro, era sicuramente un composto estremamente potente e che mischiava superstizioni (ossa di rettile) e fine scienza erboristica, tale da avere una buona consapevolezza delle proprietà solventi dell’alcool. Ma ben prima di sapere cosa fosse lo stesso alcool! Infine, è bene specificare che nelle ricerche archeologiche su cui ha basato il suo lavoro Muraresku sono emersi due ulteriori fatti interessanti. 

La prima conclusione interessante è proprio quella che non fosse una produzione per le masse. Il che è intuibile considerando quanto poteva essere potente questo tipo di miscela. Giusquiamo e morella, così come l’oppio, hanno sia effetti visionari che estremamente pericolosi, a differenza della cannabis. Chi produceva qualcosa del genere doveva essere una persona estremamente esperta. E sicuramente anche qualcuno ben consapevole di quella che era la “medicina” di allora. Non è dunque improbabile che quello fosse un laboratorio dove si producevano vini speciali a scopo magico e rituale, come quelli descritti per i misteri Orfici e Dionisiaci.

Affreschi di culti Dionisiaci nella Villa dei Misteri di Pompei.

 La seconda interessa da vicino proprio l’amata cannabis. Sembra che uno dei fusti per la macerazione fosse dedicato interamente all’infusione della cannabis! Considerato quante promettenti proprietà conosciamo adesso, scientificamente, della cannabis, non è una sorpresa che meritasse una infusione a parte. Considerando anche quanto, fatto facilmente dimostrabile empiricamente, la cannabis sia una pianta infinitamente più sicura del giusquiamo o dell’oppio, è possibile che il suo silente utilizzo nel mondo Greco e Romano antico fosse estremamente più diffuso di quanto si immagini. Intanto possiamo immaginare che il sito possa rappresentare “un laboratorio per la produzione di un sacramento Dionisiaco che potrebbe essere stato usato nella Villa dei Misteri, che era ad una distanza percorribile a piedi appena ad Ovest di Pompei?” (Moraresku, 2020). Per questa questione, seguiranno ulteriori approfondimenti.

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