“Le donne hanno le palle. E’ solo che le hanno un po’ più in alto, tutto qui.” – Joan Jett
Non si parla mai a sufficienza del contributo fondamentale delle donne nell’attivismo per la legalizzazione della cannabis. Ci sono e ci sono state donne che hanno sacrificato una vita quieta per portare dei fiori a chi ne aveva disperatamente bisogno. In molti casi, poi, non si trattava solamente di lottare per la decriminalizzazione.
Quando Billie Holiday, ad esempio iniziò a fare uso ed a parlare apertamente della cannabis, rischiò letteralmente tutto in quanto donna e di colore. Erano gli anni ’40! Aveva già molti problemi a causa del suo noto abuso d’alcool e di eroina, ma la cannabis era più facile da notare: costituiva già un simbolo per la persecuzione razziale. Il proibizionismo affonda le sue radici nel razzismo e nella scusa di preservare i “valori” della società “white”.
La cantante icona del jazz, Billie Holiday.
Si può tranquillamente affermare che fu presa di mira sino al letto di morte, a causa dell’ostinazione del primo Commissario del Federal Bureau of Narcotics. Costituì l’inizio della feroce campagna di persecuzione della cannabis, legata indissolubilmente alla repressione razziale contro gli afroamericani ed i latini. In Italia, la cannabis fu d’altronde associata ai migranti Meridionali a Torino.
Donne eroiche
Durante gli anni ’80, Mary Jane Rathbun rischiò la galera perché portava cannabis a scopo terapeutico ai malati di AIDS. “Brownie” Mary, così veniva chiamata, cominciò la lotta per l’affermazione della cannabis terapeutica. Aveva già sperimentato dagli anni ’60 i benefici che la cannabis porta con sé in forma edibile. Grazie a lei, i brownies divennero un simbolo del potere della ganja nel migliorare le condizioni di malati gravi.
Brownie Mary in una iconica fotografia con i suoi famosi brownies.
Come non menzionare, poi Anna Boyce, un’altra infermiera che rischiò la galera per portare cannabis a suo marito, che stava morendo di cancro. Apparve anche nei primi spot della Prop 215, iniziativa di sensibilizzazione per la cannabis medica del 1996 in California.
In Italia, ricordiamo Franca Rame, insieme a Dario Fo e suo figlio Jacopo, per l’appello sentito e per la raccolta di testimonianze a difesa della cannabis terapeutica. E a proposito del premio Nobel per la letteratura, Dario Fo era senz’altro consapevole della somiglianza tra discriminazione di genere ed altre forme di discriminazione sociale. Il 2 marzo 1976 infatti debuttò il suo spettacolo intitolato “La marijuana della mamma è sempre la più bella“, a cura di Franca Rame. Nel sito dell’Istituto Italiano di Cultura, leggiamo dell’opera:
“Dario Fo scrive questa storia negli anni 70 per fare attenzione nel momento giusto in cui si approva in Italia una serie di leggi antidroga . Con quest’opera l’autore cerca di denunciare l’ansia di vietare per vietare, cioè ritagliare la libertà di scelta.”
“La Marjuana della mamma è la più bella” – di Dario Fo, a cura di Franca Rame e Pietro Sciotto, Bertani Editore.
Le donne e l’impresa
Sembra che tra i tanti cambiamenti, in positivo, che la cannabis stia già portando al mondo, da quando tutta una serie di Stati ha iniziato a legalizzarla, ci sia anche un aumento di imprenditrici. Anzi, l’industria della cannabis potrebbe essere un riscatto potentissimo per la figura della donna nel mondo. Esistono già delle donne esemplari che sono salite sin dall’inizio sul carro dell’oro verde.
In Colorado, ad esempio, Wanda James è già considerata una pioniera del mercato. Anche lei è stata un bersaglio della stessa società che negli anni ’40 perseguitò Billie Holiday. La differenza è che, non senza lottare, lei è riuscita a vincere. Il fatto che fosse la prima, e per molto tempo l’unica, donna Afroamericana a fornire cannabis legalmente negli USA era ancora, nel 2009, un atto di coraggio. E lei nel 2008 era a capo del Comitato Finanziario di Obama!
Wanda James, in una foto da copertina per la nomina a CEO of the Year.
Come lei, adesso negli States si annoverano tra le imprenditrici di maggior successo nel mercato della cannabis: Maya Elisabeth fondatrice di OmEdibles, la Dott.ssa Genester Wilson King, Ophelia Chong ed Olivia Alexander e tante altre. Come non nominare poi donne di successo in altri campi che si sono mostrate estremamente a favore della decriminalizzazione della cannabis. Ad esempio Lady Gaga, o Rihanna, che ha lanciato il suo brand MaRihanna, o anche Madonna ed Oprah Winfrey!
Un argomento estremamente attuale ed interessante anche qui in Italia, dopo la nomina all’Antidroga dell’antiproibizionista Fabiana Dadone. Recentemente, inoltre, ha fatto molto parlare di sé anche la decisione di Francesca Pascale di avviare una azienda di cannabis light.
Cannabis e il femminile nell’antichità
La femminilità dopotutto è legata alla cannabis sin dall’antichità. Gli Indiani coltivano da molti secoli la cannabis, a scopo sacro. La assume Shiva, ma è la sua compagna Parvati a dargliela, perché restasse con lei.
“Da allora, Shiva rimase con la sua sposa Parvati. E sempre, prima di unirsi, fumavano la canapa. Per questo, la canapa è il miglior afrodisiaco: è stata donata agli esseri umani perché possano vivere insieme felici nella pace domestica.” – Christian Rätsch, 1991.
Shiva e Parvati durante la consumazione rituale del Bhang.
Questo dovrebbe costituire un bel grattacapo per gli attuali oppositori alla legalizzazione. La canapa nel mito indiano è stata letteralmente donata dal femminile al dio della distruzione ed agli uomini perché si viva insieme felici ed in amore. Viene fuori che in antichità la ganja ha formato più “famiglie tradizionali” che sfasciarle, con grande pena per le posizioni dei tipici proibizionisti. Comunque, sarebbe corretto dedicare un intero articolo solo a questo argomento, poiché in questi miti maschile e femminile rappresentano anche aspetti interiori dell’individuo.
Tra Brownie Mary e Billie Holiday possiamo menzionare tutte le donne che costituivano la prevalenza della manodopera Italiana della canapa. Questo era dovuto al fatto che, purtroppo, il salario a donne e bambine era inferiore del 25%. Il loro apporto, però, portò nel XVIII e nel XIX secolo l’industria canapaia Italiana al suo massimo splendore, e più per la loro abilità che per lo sfruttamento! Si guarda indietro a quella realtà industriale perché si superino proprio queste disparità salariali tra i sessi.
Ricordiamo anche che, fisiologicamente, le donne traggono benefici dalla ganja anche maggiori degli uomini. Proprio per questo è nata una linea di cosmetici VERDESATIVA a base di cannabis, come i sali da bagno OM HEMP, visto che anche storicamente, le donne hanno sempre mostrato una grande sapienza nella cura della pelle. Inoltre, ricordiamo che anche le piante di cannabis di cui si apprezzano maggiormente le qualità sono femmine! Scopri le varietà di semi da collezione femminilizzati!