“Il Marocco è un albero le cui radici affondano in Africa, e che respira attraverso le foglie in Europa.”
– Hassan II, re del Marocco dal 1961 al 1999
Circa sessant’anni fa, il mondo della cultura alternativa occidentale cominciò ad estendere i suoi rami nel pianeta. Erano alla ricerca di quelle regioni in cui la cannabis era ormai divenuta parte integrante della cultura popolare e mistica.
Tracce dell’uso mistico e rituale della canapa permettono di andare indietro anche più di 6000 anni. Tracce dell’uso pratico delle fibre di canapa addirittura risalirebbero a 26000 anni fa. Ciononostante uno dei paesi del mondo che più ha avuto un impatto su questo movimento europeo e a cui deve la sua ampia fortuna è il Marocco. Qui, la canapa è sopraggiunta relativamente di recente, ma è immediatamente entrata nel cuore della cultura popolare.
Pare infatti che la cannabis abbia abbracciato la celebre regione montagnosa del Rif tra il XIV ed il XV secolo, per non lasciarla mai più. Ai primi turisti negli anni ’60 del secolo scorso, la regione parve un’oasi paradisiaca meravigliosamente vicina all’Europa, cosa che naturalmente determinò un vertiginoso ampliarsi degli ettari dedicati alla coltivazione della canapa.
Morocco OO
Il mondo occidentale cominciava una nuova fase della sua personale stigmatizzazione delle piante dalle proprietà inebrianti e spesso, come nel caso della tanto amata canapa, medicinali. Nel mentre, il Marocco salutava con calore tutti coloro che potevano e volevano sfuggire a questa repressione per assaggiare un famoso e raffinato prodotto tipicamente marocchino.
Si tratta dell’hashish denominato comunemente Morocco 00, che nello specifico significa finemente filtrato. Possiamo dunque tracciare storicamente un periodo lungo all’incirca seicento anni in cui lo splendido Sole del Marocco, la terra incontaminata di montagna e mani sapienti di contadini e speziali berberi hanno plasmato una vera leggenda.
Se non avete avuto la fortuna di viaggiare attraverso la regione montuosa del Rif potete comunque farvi un’idea degli aromi caratteristici del luogo. Ritrovate qualcosa di simile con l’hash della MARY MOONLIGHT CHOC-O-LATOR. Con il suo caratteristico blend di aromi Natural, Wood and Flowery può fare di una calda giornata primaverile un’autentica immersione tra i monti berberi.
Una terra dedicata
Come ogni bella storia, anche questa ha il suo rovescio della medaglia. L’influenza repressiva occidentale non tardò a farsi sentire persino sulle montagne tra Capo Spartel ed il Kebdana. Una produzione tradizionale cominciò a divenire sempre più una fucina di traffici illegali insieme ostacolata ed incentivata dal tanto vicino occidente.
Facile immaginare quanto l’illegalizzazione della canapa in Marocco, risalente all’incirca agli anni ’80, possa aver incentivato l’esportazione illegale piuttosto che frenarla. Purtroppo però la maggior parte dei profitti in questo modo passano dalle mani di coltivatori indipendenti alle reti criminali. Comunque, sembra che lo stesso turismo basato sulla cannabis si sia mantenuto molto attivo.
Una statistica risalente al 2013 indicava che in Marocco circa 90.000 famiglie hanno come fonte di reddito la produzione e il commercio di cannabis e derivati. In particolar modo l’hashish, che si produce dalla resina di cannabis. Questo spiega come mai vi sia una alta tolleranza da parte del governo nei confronti della coltivazione e dell’uso della cannabis. Certo, nonostante una legislazione contraria e sinora affine alla gran maggioranza delle leggi riguardanti la canapa nel mondo islamico.
Legalizzare è salutare
Stime sull’esportazione illecita portano a immaginare che la maggior parte dei guadagni non cadano nelle mani di umili contadini e a beneficio dei villaggi a cui appartengono. Una vera e propria mafia strettamente correlata a quelle occidentali ne trae quasi interamente profitto. Naturalmente questo costituisce un danno anche per l’occidente stesso.
Nelle vie del commercio illegale, il prodotto di partenza può essere una raccolta purissima di resine di canapa accuratamente selezionate. Sicuramente, però, quel che arriva nelle mani del consumatore non ha più nulla a che vedere con la fonte originale. Sono noti svariati processi di taglio ed “inquinamento” dei panetti di hashish. Sono finalizzati all’appesantire e dare al contempo un aspetto credibile al panetto. Tutto questo unicamente a beneficio delle mani attraverso cui l’hashish passa per le vie dell’esportazione illegale.
Svolta epocale
Sembra però che il PJD, il partito politico marocchino con maggior numero di seggi in parlamento, da sempre contrario a qualsiasi forma di legalizzazione della canapa, stia effettuando una giravolta storica. Il fine è preservare l’integrità tradizionale della coltivazione nella zona del Rif ed insieme contrastare i mercati illeciti.
Il governo presieduto dal primo ministro Salaeddine El Othmani punta a sottrarre alle mafie un mercato stimato in 15 miliardi di dollari, secondo stime governative. Una misura per dare legittimità e alle tantissime realtà commerciali nascoste ma vivissime nell’economia del Paese, il più delle volte sfruttate dalla criminalità.
La proposta di legge pronta dal il 25 Febbraio 2021 sancisce infatti la creazione di un’agenzia nazionale specializzata. Sarà la sola a poter concedere le autorizzazioni necessarie all’immissione nel nascente mercato. Va specificato che si parla di cannabis prodotta e venduta unicamente a scopo terapeutico.
Si tratta comunque di una rivalsa per quelle realtà spesso sottomesse al crimine. La produzione legale avverrà unicamente in cooperative che diano impiego ed assicurazioni a dipendenti marocchini rigorosamente maggiorenni.
Molto, molto vicino
Il mondo stia cominciando a rivalutare le proprietà medicamentose ed ispiratrici della cannabis. Ma anche le potenzialità sociali quali la formazione di nuove risorse lavorative ed economiche che la legalizzazione della stessa comporta. Che questo cominci a prendere forma nei governi del maggior fornitore del mercato illegale europeo costituisce una piccola ma lungimirante vittoria per gli appassionati della spezia più discussa del XX secolo.
Nel 2017 l’Onu stimava che 47000 ettari solo nella regione del Rif erano dedicati interamente alla coltivazione della canapa. Il che dà una vaga idea dell’incessante sfruttamento del lavoro da parte della criminalità organizzata. Si spera che nuove aperture e legislazioni diano opportunità lavorative a molti giovani marocchini, ed anche che siano d’ispirazione per quell’ostinato occidente oltremare. Quell’oltremare così vicino agli occhi dei trafficanti e così distante a quelli di chi preferisce ignorare una così grande opportunità economica e sociale.
Dopotutto è evidente l’antica influenza che questi popoli hanno determinato proprio nel Sud Italia. Basta mettere a confronto le antiche pipe di terracotta tradizionali della regione del Rif, cioè le pipe Sebsi, con le pipe di terracotta Salentine o Veneziane.