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Sardegna: possono gli incendi danneggiare la cannabis?

Sardegna: possono gli incendi danneggiare la cannabis?
26 Luglio 2021 Copy

“La vita in Sardegna è forse la migliore che un uomo possa augurarsi”- Fabrizio De André

  Negli ultimi anni, la Sardegna è divenuta nota per le sue coltivazioni massicce e qualitativamente valide di cannabis light. Oggi sentiamo purtroppo notizie ben meno felici: la Sardegna è in fiamme. Le alte temperature degli ultimi anni sono spesso un alimento per incendi che devastano intere aree osservabili dal satellite.

Grafico satellitare aggiornato che mostra l’area di estensione degli incendi nei dintorni di Cuglieri.

  Dunque, la situazione ricorda tantissimo gli incendi devastanti dell’anno scorso in California, o di qualche tempo fa col caldo record in Canada. Interi paesi evacuati perché tutto sta andando a fuoco. Tornado di fuoco e fumo che diventano ormai un tetro spettacolo che si ripete ogni anno.

  Come se non bastasse, questi incendi possono anche indirettamente danneggiare le coltivazioni di una grossa fetta del territorio Sardo. Augurando a queste di cavarsela bene, analizziamo che danni possono insorgere, facendo il confronto con le rilevazioni sopraggiunte in seguito agli incendi già citati.

California, settembre 2020

  Nel settembre del 2020, la rivista Cannabis Business Times ribadiva già dei danni e dei pericoli degli incendi per le coltivazioni. Infatti, già nel 2018 la questione divenne sufficientemente pesante da scriverci un articolo. I danni possono variare da pericoli per la salute dei lavoratori del settore alla potenziale distruzione dei raccolti. Diventano ancora più significativi i test del controllo qualità, considerando che la cannabis in California è prodotta per il consumo umano.

Jon Vaught, CEO del Front Range Biosciences, una azienda di biotecnologie agroalimentari situata in Colorado ci mette in guardia. “Può dipendere da dove soffia il vento, qual è la tua situazione, dove sei localizzato. Potresti stare immediatamente affianco ad un incendio e non avere alcun problema o puoi stare a dieci miglia da questo ed avere i tuoi edifici pieni di fumo. Dipende veramente solo dal clima”.

  Certamente il fumo può stressare ed uccidere le piante, specialmente quelle cresciute outdoor o in serra. Ma il pericolo maggiore risiede nei residui che il fumo lascia sulle piante. Questi possono creare problemi quando si testano le cime per decidere se sono adatte ad un consumo umano.

Pericoli dei residui del fumo

  “La puzza di fumo è la minaccia più apparente ed ovvia alla cannabis esposta a questi incendi” sostiene Josh Wurzer, presidente degli SC Labs. C’è quindi innanzitutto una preoccupazione per l’eventuale rovina degli aromi della cannabis. Tuttavia è il fuoco che deriva da incendi in aree abitate a destare la maggiore preoccupazione. Il fumo che deriva da incendi di strutture artificiali e palazzi può essere estremamente più pericoloso di quello che deriva dagli alberi.

  Il compensato ad esempio rilascia nell’ambiente sostanze tossiche come il cromo e l’arsenico, quando bruciato. Queste sostanze possono depositarsi sul raccolto perché in sospensione nel fumo e nella cenere.

  Anche combattere gli incendi con del liquido ritardante rilasciato da dei canadair può rovinare un raccolto. Lydia Abernethy, direttrice delle scienze della coltivazione per gli Steep Hill Labs sostiene che non si dovrebbe consumare o vendere cannabis esposta ad un liquido ritardante. Inoltre, bisognerebbe anche analizzare le riserve e le condutture idriche per vedere se tale liquido è entrato nelle forniture per l’irrigazione.

Testare la cannabis

  Ogni laboratorio usa dei metodi convalidati propri. È difficile prevedere se questi composti saranno rilevati da un test, così come prevedere come gli incendi possano impattare i prodotti. “Dipende da quanto ne sei ben consapevole” dice Vaught. Dato che sorgono molte domande specifiche a cui è difficile dare una risposta molto chiara, bisognerà quindi partire dal prendere caso per caso.

  Negli States, i laboratori cercano con dei test una lista specifica di contaminanti, diversa da Stato a Stato. Tutto ciò che sta fuori da queste liste non apparirà nei risultati dei test! 

  In California i test sono orientati a cercare tracce di metalli pesanti nella cannabis dal 1° gennaio del 2019. Nella lista è incluso l’arsenico ma anche tutta una serie di sostanze chimiche che si producono durante incendi cittadini. Data l’esperienza drammatica degli incendi, che ormai incorre ogni anno in California ed in Oregon, i laboratori hanno cominciato a testare anche campioni del terreno o della cenere a seguito di un incendio.

Un ulteriore progresso della ricerca mediato dalla cannabis

  Wurzer sostiene che nessuno dei laboratori ha sviluppato un test mirato a rilevare indicatori del fuoco. Intende non l’inserimento in una lista preesistente, ma la validazione di un metodo specifico per testare queste situazioni. Rimane poco chiaro quindi se questi contaminanti possano causare falsi positivi o falsi negativi nella rilevazione di pesticidi. Vaught sostiene che “Che dei residui di pesticidi specifici possano mostrarsi e scatenare un falso positivo è definitivamente una probabilità molto realistica … penso dipenda da cosa stia bruciando”.

Jon Vaught.

  Per esempio è improbabile che questa circostanza si sviluppi con l’incendio di una foresta di pini mai trattata con pesticidi. Dall’altra parte, in un campo di qualsiasi coltivazione che utilizza insetticidi ed altri prodotti, la combustione di questi darebbe dei risultati nei test dei prodotti di cannabis circostanti.

  Il danno maggiore è dato da quanto queste sostanze potenzialmente tossiche possono influenzare la salute del consumatore. Dunque è importantissimo che si sviluppino metodi chiari ed inequivocabili per rilevare cosa si trova sulla cannabis dopo un grande incendio nelle vicinanze. Alcune sostanze non raccomandabili per il consumo umano potrebbero non risultare nei controlli per l’immissione nel mercato.

E in Sardegna?

Foto dei Vigili del Fuoco dei fumi dell’incendio Sardo che ha spazzato via 20mila ettari negli ultimi giorni.

  In Italia la cannabis legalmente vendibile, la cannabis light ricca di CBD e povera di THC, non è destinata al consumo umano. Tuttavia può essere venduta come aroma per gli ambienti, da bruciare in un incensiere o semplicemente da annusare. Questo significa che per tutelare la vostra salute, lo Stato Italiano la mette in realtà in pericolo. Già senza incendi, della cannabis prodotta con ampia fertilizzazione senza un opportuno periodo di flush è da considerarsi poco salubre.

  Non stabilire con delle leggi delle regolamentazioni di mercato vere, e non semplici escamotage per prolungare un futile e prolisso stato di proibizione, è un vero attacco alla salute dei consumatori di cannabis. Stiamo parlando in Italia di milioni di persone, 6 milioni secondo le stime statali. 

  Rivolgiamo dunque un appello di solidarietà verso i territori Sardi colpiti dagli incendi, vista la maestria e l’attitudine che hanno dimostrato nelle loro eccellenti coltivazioni di cannabis light, sperando che la situazione migliori presto. Che questo possa aprire la strada ad una seria discussione su come far progredire in modo salubre ed ecologico il mercato della cannabis, che lo Stato non può ignorare in quanto in piena e veloce espansione.

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