“Le incredibili scoperte della chimica esprimono con forza la magia della natura” – Johann Wolfgang Goethe
La decarbossilazione è un processo fondamentale per poter godere delle proprietà di infiorescenze ed edibles della cannabis. Qui vedremo degli aspetti specifici, sviluppati però con le conoscenze apprese in paesi in cui la cannabis è legale. Si tratta di un procedimento necessario all’attivazione di tutta una serie di principi attivi. Lo consigliamo attivamente a chi fa uso di cannabis a scopo terapeutico e medicinale, a seconda delle patologie che si intende curare.
In breve, la decarbossilazione è un processo in cui l’anidride carbonica (CO2) lascia una molecola e vola via sotto forma di gas. Naturalmente questo farà diventare la molecola da cui si sta staccando più leggera, determinando un alleggerimento del materiale vegetale complessivo.
Se per esempio la CO2 contribuisce al 10% del peso della molecola, dopo la decarbossilazione resterà il 90% della massa in peso della molecola. Parlando ad esempio di 100 g di una sostanza pura decarbossilabile, 10 grammi sarebbero di gas volatile, mentre 90 sarebbero i grammi di sostanza decarbossilata raccolta.
Stimare la quantità di cannabinoidi
La decarbossilazione avviene tipicamente per riscaldamento, come nella preparazione di un cannabutter. Può anche essere causata dall’esposizione a certe frequenze luminose e ad alcune sostanze, come l’ossigeno molecolare presente nell’aria. Comprendere cosa determina questo processo sui cannabinoidi è vitale per comprendere il valore medicinale della cannabis.
La cannabis produce solo gli acidi dei cannabinoidi, come per esempio il THCA. Il THC infatti è unicamente prodotto attraverso una decarbossilazione esterna ai metabolismi della pianta. Solitamente avviene attraverso la combustione delle infiorescenze o degli estratti, o attraverso la preparazione con calore di un edible. Se facciamo una media dei vari cannabinoidi che si decarbossilano in questi processi, avremo una perdita di massa circa dell’87,7%. Cioè se abbiamo 100 g di puri cristalli di THCA, dopo una decarbossilazione avremmo 87,7 g di THC.
Stimare da sé il quantitativo di cannabinoidi attivi presenti dopo una decarbossilazione non è affatto impresa da poco. Sappiamo infatti che la cannabis ha uno spettro di principi attivi molto complesso e variegato, così come variano anche terpeni, che alterano anche la permeabilità cellulare per un principio attivo. Questo spiega anche che tipi di controlli ci sono dietro a degli strain e preparazioni galeniche a scopo terapeutico-medicinale. In questi ultimi casi infatti va riportata la percentuale esatta di composti attivi contenuti.
THC + THCA
Come avrete già capito, in Italia quello di stimare correttamente i livelli dei cannabinoidi è un aspetto cruciale. Le rigide disposizioni sul contenimento delle quantità di THC nella cannabis light sono spesso oggetto di grattacapi. In Italia, poiché la cannabis light si coltiva solo da seme, può capitare di trovarsi a buttare del raccolto perché supera di poco il limite di THC.
La percentuale di THC la si calcola sommando i livelli di THC ai livelli di THCA. Per esempio su una ganja non legale, dopo il raccolto risulta un 26% di THCA ed un 3% di THC. Si deve la presenza del THC ad una decarbossilazione leggera causata dal sole e dall’aria. E questo sarebbe un valore relativo a una cima raccolta da poco. Possiamo anche affermare che le percentuali di THC e THCA sono indicatrici delle condizioni in cui sono conservate le infiorescenze. Un tasso moto alto di THC in un raccolto fresco indica una esposizione eccessiva al sole e all’aria.
Considerando che per essere a norma di legge, la cannabis light deve avere THC < 0,2%, è molto importante che i risultati siano precisi. Il negoziante così come il produttore riportano il valore complessivo delle due molecole, ma se a norma possono semplicemente indicare THC inferiore ai limiti di legge.
Cosa succede ai cannabinoidi?
Il THC è oggetto di tutta questa attenzione per via delle sue proprietà inebrianti ed euforizzanti. Ma anche per le sue notevoli e molteplici proprietà medicinali verso condizioni quali dolori neuropatici e cronici. Contrasta inoltre sia le componenti immunologiche che i sintomi della sclerosi multipla.
Il THCA invece non ha potere inebriante di per sé, ma ha comunque proprietà medicinali eccezionali. Insieme al CBD, è uno dei più potenti antinfiammatori della cannabis. In modo similare all’aspirina ed all’ibuprofene, il THCA è un potente antagonista per i recettori COX-1 e COX-2, ma decisamente meno pesante sul fegato. Naturalmente fumare è il metodo meno indicato per assimilare THCA, perché la combustione lo converte in THC.
I diversi effetti tra THCA e THC fanno da esempio per le differenze sul corpo umano tra un cannabinoide ed il suo precursore acido. Anche gli altri cannabinoidi hanno tutti delle forme acide he hanno effetti diversi sulla salute. Vediamone alcuni.
CBD
Il Cannabidiolo è un ansiolitico molto efficace. Si è dimostrato estremamente efficace nel combattere le cellule cancerose del cancro al seno. In breve promuove l’apoptosi (autodistruzione) delle cellule del cancro al seno, lasciando intatte le cellule sane.
CBDA
L’Acido Cannadibiolico è il precursore del CBD nel fiore grezzo. Anche questo precursore si è fatto notare per la sua efficacia contro il cancro al seno, ma attraverso un pathway diverso. CBDA rallenta e possibilmente frena la metastasi delle cellule cancerose attaccandone la mobilità nel corpo. Significa molto probabilmente che in un trattamento di questo tipo, l’ideale sarebbe una combinazione tra CBD e CBDA. Anche in questo caso la combustione trasformerebbe tutto il CBDA in CBD.
CBG
Il Cannabigerolo ha mostrato potenti proprietà antinfiammatorie, particolarmente efficaci contro l’intestino irritabile. Inoltre ha mostrato una capacità non condivisa da molti degli altri cannabinoidi. CBG interagisce con i recettori umani dell’adrenalina e della serotonina. In questo caso, servono ulteriori studi per comprendere al meglio le differenze tra CBG e CBGA.
In sostanza
Bisogna tenere conto che la perdita di massa in ogni caso non è un indice di conversione di per sé. Nella perdita di massa si assume che tutta la sostanza si decarbossili. Dagli studi si stima che i cannabinoidi che vengono sottoposti a decarbossilazione varino dal 30-70% durante una combustione!
Dunque, il calcolo che abbiamo mostrato rappresenta solo un massimale teorico che non combacia con i risultati osservati direttamente nella pianta. E questo spiega perché piuttosto che basarsi su stime approssimative, i produttori di cannabis light sottopongono il loro prodotto ad analisi di laboratorio, prima della vendita di un lotto. Naturalmente, questo anche per fornirvi la cannabis light della miglior qualità!