“Credo che il lavoro dell’erba non sia da meno di quello delle stelle nel loro cammino.” – Walt Whitman
Lo scorso febbraio, a Città del Capo in Sudafrica, un importante studio legale ha fatto appello alla Corte Suprema per stabilire un ulteriore precedente sulla legalità della coltivazione, del possesso e del consumo di cannabis. Si tratta di un appello che si basa sulla sentenza della Corte Costituzionale del 2018 che depenalizza il possesso e l’uso privato. Comunque, l’uso pubblico resta ancora illegale.
Nel dettaglio, il socio anziano Andrew MacPherson ed il socio designato Shaad Vavej della Cliffe Dekker Hofmevr (CDH), prestigioso studio legale, rappresentano i loro clienti, il The Haze Club (THC). Il CDH si è rivolto alla Corte a confermare che il modello di growing del THC è completamente legale, secondo la sentenza del 2018.
Eppure, mesi dopo, a luglio sembra che la legalità dei cannabis social club Sudafricani sia ancora in un loop senza fine. Cosa sta succedendo?
Si cambia entro due anni…?
Gli appelli legali in una situazione di stallo come quella che si è creata, si stanno facendo più insistenti. Si mira a chiarire del tutto la situazione legale dei club e della cannabis in generale entro il 2023. Si potrebbe dire che i numerosi appelli alla corte ormai siano una sorta di messaggio che dice “tenetevi pronti al 420!” Eppure sembra che nelle proposte di legge, molti avvocati ed attivisti abbiano trovato delle lacune. Ci sono questioni sui diritti alla privacy rimaste del tutto in sospeso.
Nel 2020 passò ai voti una proposta riguardante la cannabis a scopo privato, ma questa venne ignorata dal Parlamento. La bozza della legge fu criticata in modo aspro come inapplicabile, tanto da poter essere impugnata in tribunale se approvata in questa forma.
Il punto è che ci sono state già molte manovre eclatanti e fallimenti sia da parte del movimento per la decriminalizzazione sia da parte dei proibizionisti. E nonostante vi siano state anche delle notevoli vittorie, come quella del 2018, la verità è che i social club Sudafricani hanno la stessa protezione legale di quelli Spagnoli: nessuna. Ricordiamo anche cosa è successo alla seed bank Spagnola Dinafem.
Il modello di growing legale
Secondo quanto evidenziato anche alla Corte Suprema, THC usa un modello conosciuto a livello internazionale come il “grow club model”. Si tratta dell’affitto di uno spazio destinato a diventare un’area per il growing di cannabis. Naturalmente, insieme allo spazio in affitto, il club fornisce anche servizi di orticoltura professionale ai suoi clienti, e questo vale per qualsiasi cosa venga cresciuta nello spazio affittato.
Il club non fornisce ai clienti i semi, sono gli stessi utenti che danno al club i semi da piantare. Ovviamente c’è il limite di piantare i semi che possono essere coltivati nei confini dello spazio fornito. Tutto ciò che viene coltivato nello spazio in affitto resta proprietà privata del cliente.
Per ogni cliente che ha piantato dei semi ci sarà un codice a barre di riferimento per tracciare il procedere della pianta. Un’app ottimizza il processo e lo rende più privacy-friendly. Viene infine erogata una somma mensile per il mantenimento dei semi e delle piante. In nessun modo il club possiede le piante, che quando sono del tutto mature possono essere raccolte o spedite con corriere al cliente.
Perché è importante una legge chiara
Come è facile immaginare, in assenza di un limbo legale molti club sono stati soggetto di arresti e blitz da parte delle forze dell’ordine. Eppure già a febbraio MacPherson ha chiarito l’utilità sociale dei club, cercando di catturare l’attenzione del Presidente.
“Nel 2018 l’uso e la coltivazione della cannabis è stato decriminalizzato nel privato e per il consumo personale … Sorgono domande ovvie: non ho un giardino, sono un dottore e lavoro anche per 48 ore o vivo in una cittadina e non posso essere sicuro che la coltivazione sia lontana dai minori. Già su questa base sorgono problematiche e la legge non è accessibile in modo egualitario per chiunque voglia usarla“.
Dopotutto sappiamo bene che, come ha anche affermato lo stesso MacPherson, coltivare cannabis non è come coltivare pomodori, che crescono anche solo di Sole ed acqua. Se uno non può coltivarsela come può legalmente un cittadino ottenere la cannabis da usare a casa? Ricordiamo che parliamo di un Paese in cui la cannabis è ormai legale per l’uso privato.
Ma queste condizioni ancora una volta favoriscono più un mercato nero e l’illegalità che un libero utilizzo della cannabis. Lo scopo della legislazione doveva essere proprio rimuovere la cannabis dalle droghe dei traffici illegali.
Obbiettivo storico
La proposta dello studio legale cerca di fornire una strada limpida per la questione cannabinica. C’è tutto ciò che serve: modello per la tassazione, per gli stipendi, per l’organizzazione generale e professionale. Considerando poi i precedenti internazionali, il mercato della cannabis è una industria multimiliardaria. E rimanere indietro rispetto ad altri paesi significa perdere a livello nazionale ed internazionale investimenti potenziali, dato che la zona ha un clima perfetto per la coltivazione di cannabis. Molti paesi Africani circostanti, come il Malawi ed il Lesotho lo hanno capito subito e stanno uno ad uno rendendo il mercato della cannabis legale ed internazionale (quando non intercontinentale).
Il fondatore del THC nel frattempo è impegnato in lotte legali dopo il suo arresto basato su leggi non chiare e discriminatorie. Il suo impegno al riguardo, in modo molto nobile, non è ristretto all’autoconservazione. Anzi, l’imprenditore sta spingendo verso la Corte Suprema proprio per cambiare le carte in tavola con un chiaro obiettivo: modificare la legge e renderla ottimale entro il 2023.
Come si può leggere in un articolo dedicato di High Times: “Proprio come l’Apartheid e le altre problematiche di uguaglianza nel paese, anche questa ingiustizia passerà e la marea girerà a favore.”