“Un raggio di sole è sufficiente per spazzare via molte ombre” – San Francesco d’Assisi
Bisogna prendere sul serio le parole del santo, una infiltrazione luminosa anche minima può far deragliare anche la pianta più forte dai piani del grower. E tanto quanto è importante una fase giornaliera di totale buio, tanto è importante soddisfare nelle ore di luce una serie di requisiti solari. In questo articolo, vedremo quali sono le maggiori differenze tra strain fotoperiodiche e strain autofiorenti e come si regolano i grower con la questione dell’erogazione luminosa.
Differenze e propensioni
Cominciamo con gli aspetti più pratici stilati in una lista.
Strain fotoperiodiche
- Fase vegetativa prolungabile ad oltranza con cicli di esposizione luminosa tra 18/6 e 24/0h;
- La fioritura viene innescata da cicli di esposizione 12/12h;
- Possono essere clonate;
- Richiedono in media 4 mesi per arrivare al raccolto;
- Data la fase vegetativa prolungabile, possono crescere molto e quindi aumentare la produttività;
- Sono più resistenti agli stress a causa della fase vegetativa prolungabile;
- Rispondono generalmente bene sia al topping che a potature consistenti e super-cropping.
Strain autofiorenti
- Fase vegetativa limitata e fioritura automatica dopo un determinato periodo di tempo, differente a seconda della genetica dell’autofiorente;
- Fioritura slegata dall’esposizione luminosa;
- Non possono essere clonate;
- Richiedono dai 2 ai 3 mesi per arrivare al raccolto, a seconda della genetica;
- Crescono limitatamente e di conseguenza sono limitate nell’ottimizzazione del raccolto;
- Meno resistenti agli stress a causa della fase vegetativa limitata;
- Potrebbero non rispondere bene sia al topping che a potature pesanti.
Cosa le accomuna
Ci sono comunque degli aspetti in comune che vanno presi in considerazione per migliorare la resa complessiva di ogni fase del growing. In natura, la cannabis cresce ogni anno da nuovi semi, è una pianta tipicamente annuale. Se è possibile prolungare la fase vegetativa di una fotoperiodica, non è tuttavia un passaggio obbligato. Tutto sta in ciò che si vuole fare, ma in ogni caso l’aspetto annuale è essenziale ai breeder che vogliono produrre semi e linee genetiche nuove.
Se non sono oltretutto femminilizzate, cioè se non derivano da semi privi di cromosomi maschili, delle flebili infiltrazioni di luce o variazioni del fotoperiodo non corrette, le piante possono ermafroditizzarsi! Questo in parole povere significa che la stessa pianta svilupperà fiori maschili e femminili, quindi è una questione di primaria importanza per i breeder.
Riguardo l’apporto di nutrienti e cicli di fertilizzazione ci si regola a seconda della lunghezza dei vari periodi, ma sarebbe più corretto parlare di differenze tra genetiche più che tra autofiorenti e fotoperiodiche. In genere si può dire che vanno bene gli stessi nutrienti e le stesse proporzioni. Unica accortezza riguardanti le autofiorenti è che fertilizzanti a lento rilascio, o lenta cessione, potrebbero non essere adatti ai brevi periodi delle genetiche più rapide a fiorire.
Infine, entrambe rispondono bene ai training, se si ha l’accortezza di cominciare da un low stress training (LST) sulle autofiorenti meno resistenti.
Un esempio di pianta trattata con low stress training
Differenze indoor/outdoor
Sebbene gli incroci con la Cannabis ruderalis rendano le genetiche autofiorenti più adatte ad una coltivazione indoor, queste possono crescere anche in outdoor. Non ci si deve però aspettare che crescano maggiormente o diano più prodotto. Le varietà autofiorenti, infatti, non solo non si armonizzano con le variazioni dei fotoperiodi naturali e fioriscono in tempi predeterminati dall’aspetto ruderalis della genetica, ma degli stress possono mandarle in fioritura.
D’altro canto le fotoperiodiche sono meno suscettibili agli stress, per cui in realtà potrebbero essere una scelta favorita di un grower alle prime armi. Le prime esperienze, si sa, tendono ad essere costellate da tutta una serie di “incidenti” che potrebbero mandare una autofiorente davvero immatura in fioritura.
Le fotoperiodiche rispondono ovviamente in modo totalmente dipendente dai cicli stagionali. Una coltivazione outdoor di varietà fotoperiodiche, a seconda di dove ci si trova, sarà mandata in fioritura da un’accorciamento delle giornate. È sconsigliato tuttavia esporre le piante a calore eccessivo durante la fase di crescita.
Genetiche autofiorenti, in ogni caso, rassicurano almeno il grower novizio che ha dubbi sulle ore di esposizione luminosa. Tuttavia va detto che se è comunque possibile far radicare delle talee ricavate dalle autofiorenti, l’orologio biologico della pianta madre non verrà azzerato nel clone. E questo significa che con queste genetiche non è una procedure conveniente.
Consigli sempre utili
Generalmente, le ore che costituiscono il fotoperiodo sono uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione, quando si vuole avviare una coltivazione. Tuttavia non sono l’unica accortezza per quanto concerne la luce. Chiaramente le piante, sia autofiorenti che fotoperiodiche, necessitano di uno spettro ben preciso di luce. Luci tendenti al blu ottimizzano una fase vegetativa, luci tendenti al rosso tendono ad ingrossare le cime in fase di fioritura.
Questo può essere ulteriormente variato per ottimizzare la separazione tra le fasi di fioritura e vegetativa di una fotoperiodica. Nel caso delle autofiorenti, una luce a pieno spettro (full spectrum) sarà più che sufficiente.
La cosa più importante è che le condizioni di riscaldamento dovuti all’illuminazione e l’equilibrio degli elementi presenti nel suolo siano adeguate e non estreme. Generalmente una pianta di cannabis soffre con temperature al di sotto di 12°C ed al di sopra dei 30°C. La tecnologia LED ha permesso un controllo più efficace sulla temperatura degli spazi indoor, ed allo stesso tempo un impatto ambientale minore, conseguenza di una riduzione dei consumi.
Consigliamo a questo proposito le nuovissime lampade JACKSON NEMESIS della JUNGLE LED, che montano 580 LED Samsung boostati da 84 LED OSRAM. Una combinazione di LED ottimizzata per l’assorbimento luminoso da parte di Clorofilla A e Clorofilla B.
Anche l’ampiezza della lampada è ottimizzata per diffondere al meglio la luce ed evitare stress che possono mandare in fioritura prematura una varietà autofiorente. Date il meglio per la vostra produzione di Cannabis Light.