“È stato spesso vagamente asserito che le piante sono distinte dagli animali per non avere facoltà di movimento. Si dovrebbe piuttosto dire che le piante acquistano e dispiegano questa facoltà soltanto quando essa è loro vantaggiosa” – Charles Darwin
Fiori, steli, frutti, rami e corteccia: il regno vegetale ispira da sempre i pattern sul pelo degli animali come anche le idee nella mente degli esseri umani. Ed in particolare, dal Salento torna quest’ispirazione, fregandosene altamente del grigiore arrogante del cemento e delle metropoli. Esattamente come nelle aree ormai disabitate dall’uomo la vegetazione riprende meravigliosamente i suoi spazi.
Ai tempi di Darwin, poco noto in realtà per la sua più grande passione, la botanica, c’erano solo due possibilità di mostrare una specie vegetale appena scoperta. Uno consisteva nel disegnare gli esemplari descritti, cosa che sin dal Medioevo ha creato non poche difficoltà. L’altro era conservare un campione tra due sottili lastre di vetro, per fare in modo che l’esemplare fosse ben visibile a tutti e si conservasse decentemente. Adesso esemplari raccolti e conservati con questa antica tecnica possono essere indossati!
Torna dunque questa meravigliosa tecnica grazie a Daniela Palma, guida escursionistica e volontaria del WWF Salentina, ed al suo progetto Autoctonja.
Collaborazioni vincenti
Autoctonja è anche un progetto di valorizzazione della biodiversità del territorio. Ma riserva anche qualche nuova sorpresa! Recentemente ha incluso tra i campioni da incorniciare anche foglie di cannabis, non poco influenti sulla storia del Meridione. Non siamo i primi infatti a definire l’operato di Daniela Palma “un erbario da indossare”.
La pianta di cannabis, poi, fornisce una grande varietà di dimensioni e forme delle foglie. Di conseguenza abbiamo incluso i suoi lavori nel nostro corredo, sapendo bene quanto può variare il risultato! Ne sono uscite già collane, orecchini e quadretti di diverse forme e dimensioni che lasciano di stucco per il perfetto stato di conservazione delle foglie.
Chissà poi, in futuro, quante altre interessanti specie potranno arrivare ad adornare un bel collo elegante. Questo tuttavia ricorda qualcosa…
Piante sacre come talismani
Nell’antichità era frequente che piante particolarmente influenti divenissero anche gioielli. O sarebbe meglio dire talismani. Presso i popoli indigeni Mesoamericani era piuttosto diffuso l’uso apotropaico del peyotl, a parte l’utilizzo sacro e medicinale. Il peyotl era un simbolo di divinità, guarigione e protezione, oltre ad una sacra medicina.
Allo stesso modo nell’Europa Pagana, Medievale e Rinascimentale era estremamente diffuso l’uso talismanico della mandragora. Portare al collo la mandragora non era affatto una prerogativa delle “streghe”. Si trattava di un costume che in ogni suo aspetto deriva puramente dalle più antiche tradizioni pagane. Queste tradizioni a loro volta erano sicuramente l’origine di quello che poi l’Inquisizione definì “stregoneria”.
Ancora adesso è in atto una vera e propria “guerra santa” contro la cannabis. Guardatela, esiste un solo motivo razionale per fare guerra ad una specie?
La mandragora, però, con la sua componente d’auspicio come talismano
protettivo e beneaugurante in amore, era entrata troppo nel folklore per poter condannare come “streghe ed eretici” tutti coloro che portavano la mandragora. Curiosità vuole che una pianta dalle radici che somigliano ad un corpo umano possa essere velenosa o, se usata saggiamente, euforizzante ed afrodisiaca.
Dopotutto, e possiamo farci ben caso grazie ai lavori di Autoctonja, osservare la natura vegetale è il primo modo in assoluto di far nascere delle fiabe. E come in una fiaba, ci stiamo avvicinando sempre di più all’epoca del riscatto di una delle piante magiche più amate dall’uomo in migliaia di anni di storia. Anzi, possiamo dire che anche se da queste parti si va ancora a tentoni, siamo proprio in mezzo a questo riscatto, e con noi la magia di Autoctonja.