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Cannabis e COVID-19: i composti della pianta possono aiutare a combattere la malattia?

Cannabis e COVID-19: i composti della pianta possono aiutare a combattere la malattia?
15 Settembre 2020 @uGuer
Cannabis per combattere Covid 19 Coronavirus
  • Nella lotta contro il coronavirus “covid 19”, i composti della cannabis potrebbero rivelarsi utili sia per la formulazione di vaccini sia per lo sviluppo di farmaci destinati ad alleviare i sintomi della malattia.

Il COVID-19 è il principale argomento di discussione dall’inizio di quest’anno. Come ben tutti sappiamo, la rapida diffusione e la gravità del virus hanno messo in ginocchio il sistema economico mondiale, così come la salute fisica e psichica di persone ovunque nel mondo.

Da quando è scoppiato il COVID-19, numerosi scienziati hanno iniziato a guardare alla cannabis come possibile soluzione. La pianta di marijuana presenta proprietà antinfiammatorie scientificamente dimostrate, e sono già state condotte ricerche approfondite sul suo potenziale per trattare altre malattie che, come il nuovo coronavirus, provocano una risposta infiammatoria generalizzata. Nel nuovo scenario di pandemia, i ricercatori scientifici hanno unito le loro forze per trovare una cura che sconfigga il virus..

Diverse ricerche legate ai vantaggi del CBD (uno dei maggiori principi attivi benefici della cannabis) sono state già condotte da tempo, facendo sì che il consumo ed il mercato dell’erba legale, nei paesi dove concesso, crescessero a dismisura. Ciò ha contribuito anche a sfatare le credenze secondo cui fosse un componente dannoso per i consumatori.

Tuttavia, non dimentichiamo che la cosiddetta “cannabis terapeutica” (legale in Italia dal 2006), può contenere anche alte concentrazioni di THC, altro principio attivo testato dagli studiosi in combinazione con il CBD, nel tentativo di scovare una cura farmacologica al COVID-19.

Noi di BearBush, shop online specializzato nella vendita delle migliori varietà di cannabis legale (da collezione)abbiamo cercato di approfondire la questione per capire a che punto sono le ricerche e se effettivamente in futuro potrà nascere dalla cannabis un farmaco capace di contrastare la malattia da Coronavirus.

LE PIÙ APPREZZATE

La cannabis potrebbe aiutare a prevenire l’infezione da Coronavirus

Interessante novità giunge dalla comunità scientifica, pronta ad annoverare ancora una volta i benefici dati dalla marijuana italiana legale. Sembrerebbe infatti che la cannabis potrebbe rivelarsi un valido aiuto nella prevenzione delle infezioni da Coronavirus. A suggerirlo è uno studio condotto da gruppo di ricercatori canadesi dell’Università di Lethbridge ad Alberta, pubblicato sulla rivista Preprints e riportato da Agi.it e menzionato anche su Tio.ch: tra le circa 400 varietà di marijuana prese in esame, il team ne avrebbe individuate almeno 12 che sembrerebbero in grado di prevenire l’infezione provocata tipicamente dalla Sars-CoV-2.

Proprio l’estratto di CBD o cannabidiolo, principio attivo non psicoattivo presente nella cannabis, potrebbe addirittura ridurre del 70% il numero di recettori cellulari impiegati dal Covid-19 per penetrare all’interno dell’organismo. Tuttavia sono comunque necessari ulteriori approfondimenti e ricerche prima di procedere con la somministrazione di vere e proprie terapie a base di CBD legale e cannabis terapeutica, questo poiché i test condotti fino a questo momento sono stati praticati solo su modelli di tessuti 3D quali, orali, polmonari e intestinali trattati con campioni di cannabidiolo ricavato da cannabis sativa, riducendo al minimo la concentrazione di THC per ridurre il rischio di eventuali effetti collaterali.

Cannabis terapeutica: cosa affermano recenti studi?

Durante la crisi scoppiata a causa del covid-19, un’università canadese (Università di Lethbrigde), si è data da fare per mettere in correlazione il virus e i benefici della cannabis terapeutica contro i suoi effetti, così come pubblicato persino dalla famosa rivista americana Forbes.

I ricercatori di Alberta si sono soffermati sui sintomi più comuni del COVID-19, come i dolori fisici, infiammazioni e, nel peggiore dei casi, la perdita di cellule funzionanti nel nostro organismo.

Partendo da ciò, gli studiosi hanno tentato di verificare come il CBD, il principio attivo della cannabis che non produce effetti psicotropi, possa rilasciare determinati effetti anti-infiammatori sul corpo.

Lo studio ha rivelato che il cannabidiolo potrebbe ridurre tali sintomi del 70%.

In uno dei test, hanno realizzato un composto che prevedeva l’utilizzo di 30 terpeni. Combinando questo, al puro estratto di CBD, le possibilità di effetti benefici sull’organismo sono passate all’80%.

Un ulteriore studio condotto in Georgia, invece, ha dimostrato che il CBD può alleviare i sintomi legati alle difficoltà respiratorie sempre causate dal COVID-19. 

Sembra che i medici siano abbastanza fiduciosi riguardo tali ricerche, ritenendo che la canapa legale di tipo terapeutico possa aiutarci nel coadiuvare il corpo nel rispondere a un virus che attacca facilmente il nostro sistema immunitario.

 

Vaccino vegetale contro il COVID-19

Un gruppo di ricercatori della Saskatchewan University (Canada), specializzato in malattie infettive, si è rivolto alla cannabis come nuovo candidato per il vaccino COVID-19Secondo il team di ricerca, un antigene di origine vegetale potrebbe essere più facile da produrre su vasta scala rispetto ad un antigene di origine animale perché le piante hanno una maggiore capacità di clonazione delle proteine. Inoltre, le proteine di origine vegetale potrebbero risultare preferibili nel contesto di una popolazione sempre più vegana. 

Per creare il vaccino, i ricercatori stanno lavorando su una catena di proteine che, una volta pronta, potrà essere inserita nel DNA della cannabis affinché venga replicata all’interno delle piante alterate.

Per il momento, il Vaccine and Infectious Disease Organization (VIDO-InterVac) della Saskatchewan University ha prodotto due vaccini COVID-19 per animali – uno per bestiame bovino e uno per bestiame suino – ed è diventato il primo laboratorio canadese a testare sugli animali un vaccino per gli esseri umani. Nello specifico, sono stati utilizzati topi, furetti e scimmie che sono stati esposti al virus dopo aver ricevuto il vaccino, e visto che nessuna specie animale reagisce esattamente come fanno gli esseri umani, l’uso di un trio di animali amplia il margine di sicurezza.

Oltre a ciò, lo scorso marzo il centro ha ricevuto una sovvenzione statale di 23 milioni di dollari da destinare alla ricerca contro il COVID-19. A giudicare dai successi finora ottenuti, il laboratorio potrebbe essere sul punto di sorprenderci.

Vaccino Vegetale Cannabis

 

Esosomi made in Israele

InnoCan Pharma, una casa farmaceutica israeliana specializzata nella produzione di farmaci a base di cannabinoidi contro la psoriasi e i dolori muscolari, si è recentemente associata a Ramot, la società di trasferimento tecnologico dell’Università di Tel Aviv, per lo sviluppo congiunto di un trattamento COVID-19 a base di esosomi caricati con CBD (cannabidiolo).

Gli esosomi sono piccole particelle che si creano durante la moltiplicazione delle cellule staminali. Oltre a svolgere un ruolo centrale nella comunicazione cellula-cellula, possono agire come “missili teleguidati”, raggiungendo solo gli organi danneggiati. Secondo InnoCan, “gli esosomi caricati con CBD hanno il potenziale di massimizzare le proprietà antinfiammatorie del cannabidiolo, contribuendo al recupero delle cellule polmonari infettate. Combinando le proprietà di guarigione cellulare degli esosomi con le proprietà antinfiammatorie del CBD si potrebbe ottenere un effetto altamente sinergico”.

InnoCan non è la sola impresa israeliana ad aver puntato sulla cannabis per combattere il coronavirus. Ricercatori del Cannabis Research Center del Campus Rambam Health Care di Haifa, ad esempio, hanno studiato l’effetto della pianta in pazienti COVID-19 gravi e intendono avviare la fase di sperimentazione clinica nei prossimi mesi. Lo studio mira a capire se le proprietà antinfiammatorie della cannabis possano aiutare a prevenire una reazione infiammatoria grave nota come tempesta di citochine, che ha causato la morte di migliaia di pazienti COVID-19.

I ricercatori hanno individuato 15 ceppi di cannabis che sembrano avere la capacità di prevenire questa reazione e che potrebbero quindi migliorare il trattamento dei pazienti critici. Attualmente, i pazienti ricoverati vengono trattati principalmente con steroidi, e lo studio si propone di dimostrare l’efficacia di una soluzione combinata.

 

Terpeni per trattare le infezioni virali

Parallelamente, si sta studiando se una formulazione a base di terpeni derivati dalla cannabis possa essere utile per prevenire e trattare le infezioni virali nei gruppi di popolazione ad alto rischio.

Uno studio cinese pubblicato nel 2007 dimostrò che diverse combinazioni di terpeni riducevano la gravità e la diffusione del coronavirus SARS (sindrome respiratoria acuta grave) in vitro e in vivo attraverso il blocco di una proteina che permette la riproduzione del virus nell’organismo, una via di ricerca che ha suscitato l’interesse di un gruppo di ricercatori israeliani.

In collaborazione con l’azienda di ricerca in campo di cannabis, Cannasoul Analytics Ltd., il gruppo, condotto dal professore Dudi Meiri dell’Israel Institute of Technology (Technion), lavorerà per sviluppare una nuova combinazione di terpeni per il trattamento del coronavirus, da somministrare per inalazione. L’intenzione è quella di creare due farmaci complementari: il primo per minimizzare le reazioni eccessive del sistema immunitario e il secondo per rallentare l’evoluzione della malattia attraverso la riduzione dei recettori che permettono al virus di ricevere e rilasciare sostanze dall’interno delle cellule ospiti.

“Cercheremo di individuare le molecole della pianta capaci di ridurre la reazione del sistema immunitario al coronavirus per limitare la risposta infiammatoria. A differenza degli steroidi, che sopprimono completamente il sistema immunitario, le molecole della cannabis hanno la capacità di ridurre la risposta immunitaria senza sopprimerla completamente, offrendo migliori possibilità di trattamento”, ha commentato Meiri in un articolo.

 

CBD per bloccare l’ingresso del virus

Un altro approccio terapeutico per combattere il COVID-19 è impedire l’ingresso del virus nelle cellule. È su quanto sta lavorando un gruppo di ricercatori dell’Università di Lethbridge ad Alberta (Canada), che ha pubblicato un articolo preliminare sull’effetto del CBD sul contagio secondo il quale gli estratti ricchi di cannabidiolo possono contribuire al blocco delle proteine ACE2 e TMPRSS2, “porta di ingresso” per il virus SARS-CoV-2 nelle cellule umane.

I recettori ACE2 sono espressi nei polmoni, nel naso, nella bocca, nei reni, nei testicoli e nel tratto intestinale, e il CBD combinato con altri cannabinoidi sembra essere in grado di limitarne il numero riducendo le possibilità del virus di accedere alle cellule e quindi di moltiplicarsi.

Secondo i dati preliminari, ben 13 estratti di cannabis sativa ad alto contenuto di CBD sarebbero in grado di modulare l’espressione dei recettori ACE2 nei tessuti bersaglio del virus. Una scoperta che potrebbe trovare applicazione nello sviluppo di trattamenti preventivi quali collutori per uso medico e domestico.

Di fronte alla grave situazione epidemiologica attuale, e come dimostra la grande quantità di studi in corso, è fondamentale che ogni via terapeutica venga considerata. E questo include anche la cannabis, una sostanza che offre innumerevoli possibilità per affrontare una malattia che ha sconvolto il nostro mondo come non avevamo mai visto prima.

 

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