“Posso insegnare tecniche come il taglio e l’innesto. Ma non posso insegnare l’immaginazione. Quella viene da dentro.” – Masahiko Kimura
Il bonsai rappresenta più di una estetica culturale e di una moda. Nell’arte del bonsai, la pianta viene definita una vera e propria scultura, anzi, “la più lenta scultura del mondo” (John Yoshio Naka). Ma perché in rete adesso sta esplodendo l’entusiasmo per l’applicazione di tecniche bonsai sulla cannabis?
Consideriamo il fatto che l’arte bonsai è prima di tutto un’arte legata allo Zen. Patrick Kilcoyne, fondatore del canale YouTube ZenCannabonsai ci spiega brevemente questa associazione. “Nei miei lavori, l’uso della parola zen descrive lo stato di calma attenzione in cui le azioni sono guidate dall’intuizione, più che da un apporto conscio”. Non è difficile immaginare quanto la cura di una pianta, ed allo stesso tempo di un’opera d’arte, possa divenire una vera e propria disciplina. Ed è una disciplina strettamente correlata ad un aspetto pratico allettante per ogni grower esperto.
Cannabonsai e clonazione
Bonsai significa letteralmente “piantato in un contenitore”, alludendo al famoso risultato di far crescere un albero intero in un piccolo vaso. È strettamente necessario per la tecnica piantare una talea e farla sopravvivere per moltissimo tempo. Ma qui c’è l’intoppo: la cannabis non è un albero. Le piante madri generate per la clonazione per talea, però, vivono decisamente più a lungo delle altre.
Naturalmente non ci si può aspettare da un cannabonsai, o bongsai come molti in rete preferiscono dire, un raccolto quantitativamente consistente. L’utilità pratica quindi non ha a che vedere direttamente con la raccolta delle infiorescenze. Piuttosto si tratta di una sofisticata tecnica che permette di generare piante madri di dimensioni ridottissime, longeve e durature. Si stima che una pianta di cannabonsai possa vivere sino a quattro anni, anche se al fine della clonazione l’ideale sarebbe un tetto massimo di un anno.
Ricordiamo che in Italia è vietato mandare in fioritura una pianta di cannabis, seppure piantata o acquistata a scopo puramente ornamentale. Per cui raccomandiamo al lettore di tenere questo bene a mente.
Come fare
Avendo a disposizione una talea, la prima cosa da fare è scegliere il vaso giusto. Un vaso di 10 cm di diametro può andar bene, considerando che si tratta di un bonsai. Vi sono diversi modi per condurre il training di un cannabonsai, perciò prima di piantarlo sarebbe un bene dare uno sguardo alle modalità. In alcuni casi dei fori poco al di sotto del bordo del vaso possono essere d’aiuto per il training del fusto e dei rami, chiaramente sarebbero da fare prima di piantare.
Training del fusto
Normalmente, e questo vale per tutti i bonsai, la prima cosa da fare, mentre la pianta radica, è il training del fusto. Questo viene effettuato mediante bastoncini di legno sufficientemente robusti piantati nella terra e dello spago, o un materiale elastico, che passi attraverso i fori del vaso. Questi legami devono “tirare” delicatamente il fusto nella direzione desiderata.
Sebbene normalmente vi sia nella coltura di un bonsai anche una tecnica che prevede un anello di rame che stringe il tronco per far in modo che le radici ricevano meno nutrimento, non è una procedura raccomandabile per un cannabonsai. E questo significa che mentre si fa crescere il tronco “plasmando” la forma del fusto sui binari costituiti dai bastoncini, è meglio evitare di stringere troppo lo spago.
Si può dare al tronco la forma che si vuole, ma bisogna anche cercare di evitare che i bastoncini danneggino le radici. Bisogna piantarli con molta cura. Alcuni preferiscono usare del fil di ferro rivestito in gomma, avvolto a spirale intorno ai rami ed al fusto. In questo caso però è più alto il rischio di strozzature e bisogna fare attenzione che non si formi ruggine. La forma la si cambia lentamente, man mano che il fusto cresce sotto l’influenza delle forze messe in gioco dai legami.
Training dei rami
Appena la pianta comincia a diramarsi, sarà il momento di cominciare il training dei rami. Il procedimento è lo stesso scelto per il tronco. Ci si assicura che la pianta inizialmente sviluppi i suoi rami e che vi sia spazio sufficiente tra questi per crescere nella forma desiderata. Infatti molti growers cercano prima di ogni procedimento di immaginare che forma dare al cannabonsai.
Potatura
La potatura è una delle attenzioni principali per assicurare una buona riuscita di un cannabonsai. Innanzi tutto se potare o meno la gemma apicale è tutta una questione di scelta, dipende da che forma si vuole dare. Sicuramente, perché si possa parlare di un bonsai, la potatura delle foglie sarà molto più frequente che in una pianta normale di cannabis. Meno foglie significa meno nutrimento per la pianta, e questo è essenziale per le dimensioni del bonsai.
Inoltre, quello di rendere il cannabonsai una pianta madre è un processo fondamentale per ottenere il risultato desiderato. Vanno potati puntualmente molti dei rami che la pianta produce. Si comincia dai rami inferiori, che sono anche quelli che normalmente ricevono meno luce. È anche importante il taglio che viene effettuato. Si pratica un taglio netto con un angolo di 45° sotto l’ultimo nodo del ramo, facendo attenzione ad usare sempre i guanti ed una lama sterilizzata.
Potatura delle radici
Come già detto, uno degli obiettivi principali, nel growing di un cannabonsai, è che sia longevo. Una tecnica che previene la marcescenza delle radici è quella della potatura delle radici circa una volta l’anno. È un processo semplice quanto delicato.
Si estrae terreno e pianta dal vaso capovolgendola e si taglia via una “fetta” spessa 2 o 3 cm di radice, facendo attenzione a tagliare sia dalle radici laterali che da quelle sul fondo del vaso. Successivamente si mette uno strato di substrato di coltura fresco e compatto sul fondo e si riposiziona il cannabonsai nel vaso, che va infine riempito sempre col terreno.
Le radici non impiegheranno molta fatica e molto tempo per riconquistare tutto il substrato.
Condizioni essenziali
Mantenere in vita un bonsai di cannabis significa mantenerlo il più a lungo possibile in fase vegetativa. Di conseguenza sarà essenziale un’esposizione luminosa di 18 ore al giorno ed una fertilizzazione ricca di azoto. Tuttavia, a differenza di una normale pianta madre, un cannabonsai deve essere piuttosto ridotto di dimensioni, di conseguenza sarà bene nutrirlo molto meno.
È tutto?
Come suggerisce lo stesso Masahiko Kimura, l’immaginazione è la parte più essenziale di quest’arte. Tempo, immaginazione, dedizione e sperimentazione. Perché il cannabonsai dia risultati ottimali, è importante scegliere la giusta genetica, che resista a forti stress da potatura e foglie di dimensioni ridotte. Tipicamente sarà adatta una Kritical Kush.
Naturalmente la pianta ad un certo punto vorrà fiorire. Vi sono comunque un paio di accortezze che prolungheranno ulteriormente la vita di questa scultura vivente. Si rimuove a questo punto un terzo della pianta, la parte superiore, dove tipicamente si sviluppano le cime più grandi. La parte centrale della pianta va anche pesantemente sfoltita, ma le piccole cime delle zone inferiori vanno lasciate intatte perché fondamentali ad innescare il processo di rigenerazione.
Le condizioni di illuminazione e di arricchimento del terreno restano comunque quelle della fase vegetativa. Le condizioni del grower, anche, saranno più vicine ad uno stato di Illuminazione.