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[GUIDA] – Raccogliere, seccare e conciare come un pro!

[GUIDA] – Raccogliere, seccare e conciare come un pro!
26 Giugno 2021 Copy

“Senza Cerere e Bacco, Venere è gelata” – Publio Terenzio Afro

  Si può interpretare l’espressione del Romano in chiave cannabica. Cerere è la dea Romana del raccolto, e la nominiamo qui proprio per augurare a tutti i growers un buon lavoro. Inoltre, ci concentriamo oggi sul trarre il meglio delle proprietà e degli aromi della cannabis attraverso diverse accortezze. Nell’arte contadina, la pazienza e la conoscenza esperienziale sono doti riconosciute da sempre come prodigiose.

Cerere, dea Romana del raccolto, raffigurata con la cornucopia ed il grano.

  È chiaro che per molti, il raccolto è già momento di festa. Tuttavia i poco esperti potrebbero trarsi in inganno pensando di avere tra le mani un prodotto finito dopo una essiccazione rapida. Questo invece è proprio il momento di avere un altro po’ di pazienza, ne varrà la pena!

Raccogliere al massimo

  Le sostanze della cannabis d’interesse per gli esseri umani sono sostanzialmente meccanismi di difesa della pianta. L’uomo poi ha selezionato le linee genetiche per ottimizzare la produzione di questi composti ed utilizzarli a scopo medicinale, spirituale o ricreativo. Dopo un attento ed appassionato lavoro di coltivazione, anche il coltivatore artigianale vuole che la sua cannabis rientri nei parametri delle grandi industrie, se non ambisce a fare di meglio

  Comunque, per ottenere un prodotto molto specifico, i coltivatori Statunitensi ed Olandesi osservano i tricomi per decidere quando è il momento di tagliare. Va considerato nella scelta del tempo giusto per il raccolto il fatto che le cime continueranno a maturare ancora per un po’, dopo il taglio. Con l’aiuto di una lente e di una lucetta a LED è possibile osservare lo stato dei tricomi, un aiuto importantissimo per capire quando raccogliere. 

  La maturazione, quando osserviamo i tricomi, passa attraverso tre stadi, essenzialmente:

  1. Tricomi trasparenti
  2. Tricomi opachi
  3. Tricomi ambrati.

  Sebbene sia un dato variabile essenzialmente da cosa si vuole ottenere come risultato finale, idealmente il massimo del potenziale lo si ottiene raccogliendo tra la seconda e terza fase, con un 60% di tricomi ambrati e nessun tricoma trasparente. Questo garantirà una buona ricchezza di cannabinoidi, terpeni e flavonoidi ed un basso livello di degradazione

Che cambia tra essiccazione e concia?

  Si può dire che puoi essiccare nel forno, ma la concia avviene con cura! L’essiccazione è solo una parte della storia dopo il raccolto. Sicuramente se mettete delle cime a 200 gradi nel forno saranno anche secche, ma del tutto inutili. La concia invece ha lo scopo di preservare tutti i metaboliti secondari, ma anche di massimizzarne l’espressione

  Una volta raccolta, la pianta frena il processo di traspirazione, convogliando nelle cime le ultime risorse nutritive. Da qui in poi, saranno i parametri ambientali a fare la differenza. Luce, calore, umidità, concentrazione di CO2, flusso d’aria, flora microbica dell’ambiente… tutti fattori che cambiano radicalmente il risultato. La concia è esattamente, a differenza della semplice essiccatura, il controllo di tutti questi fattori di degradazione

  La concia tuttavia la si utilizza dopo una settimana – 10 giorni di essiccatura per ottenere un effetto di “reidratazione“. Se i prodotti della cannabis richiedono che la pianta sia essiccata, delle cime troppo secche non saranno gustose quanto delle cime conciate. Si tratta di un processo che aumenta moltissimo la qualità dei vostri prodotti! 

La concia

  Il Calore

  Chiaramente, quando fa caldo come in questo periodo, le cime si essiccano in modo molto rapido. Quindi è importante maneggiarle con cura perché potrebbero risultare in uno sbriciolamento poco soddisfacente. Inoltre, temperature che superano i 20°C sono già sufficienti a far volatilizzare terpeni e degradare metaboliti secondari! Anche le reazioni enzimatiche della pianta saranno velocizzate dalla temperatura alta. Un ambiente molto freddo invece bloccherà queste reazioni, bloccando la maturazione.

  Le basse temperature possono anche far perdere colore e rendere il prodotto suscettibile alla decomposizione. Mantenersi in concia tra i 18° e 20° C è sicuramente rimanere in un range ottimale per la conservazione dei metaboliti d’interesse. 

  La Luce

  Anche la luce cambia molte cose. Delle piante esposte in concia alla luce continuano imperterrite a sviluppare clorofilla, poco ambita ai fini dello sviluppo aromatico. La luce però è anche un fattore degradante per gli oli, perché la luce UV induce una ossidazione dei monoterpeni. Troppa luce e troppo calore può disperdere questi composti in una manciata di ore! 

  Di conseguenza è importante che l’ambiente sia buio o, quando non si può evitare, meno illuminato possibile.

  Umidità

  Le cime contengono un tasso di umidità che varia dall’80 al 95%. Chiaramente, perché i prodotti siano utilizzabili in qualsiasi forma, è importante che il più di questa umidità sia dissipato. Quando si lasciano seccare delle cime, l’umidità migra dalle zone più interne a quelle più esterne. Al centro può abbassarsi sino ad un 20%, mentre l’esterno della cima sarà umido sino ad intorno al 60%. L’uso dei Boveda è attualmente il metodo più semplice per essere precisi con il controllo dell’umidità. 

  Una riduzione dell’umidità così drastica è importante sia per l’utilizzabilità che per la conservazione della cannabis. La marcescenza delle cime non riesce ad attaccare del materiale vegetale poco umido. Inoltre, la secchezza attiva degli enzimi che contribuiscono ulteriormente a degradare composti non desiderati della pianta, che per esempio ne alterano il sapore come la clorofilla. 

  Ma una scarsa precisione nella regolazione dell’umidità della cima può anche portare ad una eccessiva secchezza. Maneggiare cime così secche significa perdere molto materiale, che già avrà perso molto peso in tutte le fasi precedenti. In mercati come quelli americani un 5% di umidità può significare una perdita di milioni di dollari!

  Tempo tiranno

  Conciare richiede il suo tempo. Non tanto tempo, perché i terpeni si degradano di giorno in giorno. Non poco tempo, perché la cima risulta immatura, gli enzimi della pianta non hanno terminato il loro compito. A questo proposito menziono nuovamente l’uso del Boveda, perché oltre a regolare l’umidità dell’ambiente di concia funge anche da “terpene shield” (scudo per i terpeni).

  Il tempo consigliato può variare con le variazioni dei fattori già citati. Tuttavia può essere d’aiuto considerare di lasciar conciare per almeno due settimane, indicativamente.

  Gas nell’atmosfera

Questa è una cosa a cui si fa poca attenzione, eppure la pressione e concentrazione dei gas atmosferici cambia molto il risultato finale. L’Ossigeno in particolare è un composto ossidativo molto molto attivo, tanto da essere usato quasi universalmente dalle forme di vita nei processi di respirazione come accettore di equivalenti riducenti. Il processo di ossidazione scatenato dall’ossigeno, poi, è a catena, non lo si può fermare ma solo arginare. Gli oli ne risulteranno spiacevolmente alterati, gli aromi avranno un ché di rancido. Un ambiente ricco di ossigeno non è il massimo per la concia. 

  Negli States usano sistemi di impacchettamento che modificano l’atmosfera interna per la concia. Vi sembra qualcosa di alieno? Non è qualcosa di poi così diverso da quando mettiamo degli alimenti sottovuoto, è una atmosfera modificata anche quella. Tuttavia per la concia più che il sottovuoto ci vorrebbero condizioni più simili a quelle degli alimenti confezionati. Esistono per fortuna sistemi per poter ottenere questo tipo di soluzione in concia. 

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